giovedì 28 febbraio 2013

Il servizio breve

E' più manipolato un prodotto audiovisivo della durata di un'ora o uno di 3 minuti? Intendo a parità di argomento e di contenuti. Verrebbe immediatamente da rispondere quello breve. In quest'ultimo infatti è molto più concentrato ed intenso il lavoro di editing da affrontare con tagli cortissimi che restituiscno una velocità da videoclip.

In realtà entrambi portano con sé una forte manipolazione delle immagini. C'è poco da fare, la manipolazione è sempre presente, come in qualsiasi prodotto.

lunedì 25 febbraio 2013

L'economista eterodosso

Un particolare curioso della produzione del documentario su Ezra Pound, a Baby in the Woods, del 2005, è stato al momento della scrittura dei sottopancia.

Si tratta dei nomi e delle definizioni dei ruoli delle persone intervistate, un tipico lavoro di post-produzione, quando si ultimano i dettagli, soprattutto di tipo grafico, del lavoro.
Ebbene, nel documentario l'interlocutore che ha raccontato soprattutto l'aspetto controverso del pensiero economico di Pound, è stato Domenico De Simone, che al pari di Pound si rifà alle tesi dell'economista Silvio Gesell.

Quando chiesi a Domenico cosa avrei dovuto scrivere accanto al nome del suo sottopancia, egli mi rispose subito "Economista eterodosso". Sul momento rimasi perplesso. Non avevo mai letto da nessuna parte una definizione del genere, tantomeno in un sottopancia.

mercoledì 13 febbraio 2013

Filmare l'invisibile

Resta per me una sfida permanente quella di credere e constatare che la realtà, almeno quella più significativa, sia invisibile, ovvero nascosta al di là dei nostri comuni cinque sensi, in primis la vista, dal momento che è oltre la possibilità di vederla con gli occhi fisici.
Ritrovarmi a fare il mestiere del documentarista, che si basa per lo più sulla rappresentazione dell'immagine, è senz'altro un prodromo sicuro di una condizione che è intrinsecamente abbastanza frustrante. Il documentario vuole essere uno strumento per far vedere la realtà che si vede, per me tuttavia non è questo tipo di realtà quella che mi attrae maggiormente.

La prendo, appunto, come una sfida. In fondo l'Arte, quella con la A maiuscola, ha sempre cercato di esprimere qualcosa che può essere solo indicato ma mai dichiaratamente rappresentato.

mercoledì 6 febbraio 2013

Michelangelo Pistoletto

Nel 2011 mi furono commissionati da Rai Educational tre documentari su tre grandi nomi dell'arte contemporanea italiana, ma per la fama che li caratterizza, possiamo anche dire internazionale: Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani e Mimmo Paladino.

Si trattava di un grosso impegno produttivo, circoscritto in un arco temporale piuttosto limitato, e anche di una grande sfida sul piano tecnico, visto che il budget che avevo a disposizione non consentiva di fare granché. Accolsi comunque con grande entusiasmo l'impresa, sebbene, devo confessarlo, non sono un grande estimatore dell'arte contemporanea.

Reputo l'arte contemporanea preda di logiche commerciali, in mano a soggetti interessati più all'aspetto finanziario che altro. Attraverso il circuito costituito dalle figure del critico d'arte, del collezionista e dell'espositore, nella quale rientrano i grandi musei realizzati negli ultimi dieci anni all'interno della prospettiva estetica e politica della globalizzazione, l'artista risulta spesso essere l'ultima figura, manipolata e stritolata da una dinamica speculativa che ben poco a che fare con la vera creatività.