mercoledì 13 marzo 2013

Su Questa Pietra

Ci fu il caso nel 2006 quando mi fu chiesto di occuparmi di architettura sacra. La struttura Magazzini Einstein di Rai Educational per non so quali motivi volle produrre un documentario sui nuovi edifici che la Chiesa Cattolica commissionò in occasione del grande giubileo dell'anno 2000.

Probabilmente il motivo principale era la presenza di alcuni grandi architetti di fama internazionale che a Roma sigillarono il loro forte intervento nella costruzione di grandi chiese dall'aspetto avveniristico.

Il più importante ed illustre è stato certamente Richard Meier che con la sua chiesa di Dio Padre Misericordioso, detta delle Vele, ha voluto riqualificare uno dei quartieri più disagiati della capitale, Tor Tre Teste. Un altro quartiere nobilitato dalla suggestione formale dell'architettura contemporanea è stato quello della Magliana, con il progetto di Piero Sartogo per la grande chiesa del Santo Volto di Gesù, caratterizzata da una cupola piuttosto arabeggiante e il grande occhio di vetro della vetrata, collocata dietro ciò che dovrebbe essere l'altare. Del tutto fantascientifica, poi, la visione dello studio Molé, con la sua sfera di cemento e la struttura metallica che la circonda, posizionata nel cuore di Torrevecchia, altro quartiere alveare di Roma.

Le sperimentazioni creative degli architetti hanno affrontato senza paura il tema commissionato dal Vaticano, ognuno cercando di caratterizzare l'aspetto del sacro delegando il dialogo con tale ambito, chi ai giochi di luce, nel caso di Meier, chi alla presenza, tra l'altro, degli artisti, nel caso di Sartogo, chi alla centralità data al solido perfetto. Il Vaticano in questi casi è come se avesse lasciato carta bianca al progettista, dando l'impressione di una apertura mentale straordinaria.




Sta di fatto che di queste chiese di nuova generazione, firmata da grandi autori, si può dire di tutto ma non che appaiano come chiese o luoghi di culto. La mancanza di simmetrie evidenti o di simbologie precise, sembra si collochi perfettamente in un'atmosfera di devozione laica transumanista.

Ritornando alla mia storia personale, sarà stato perché in quella struttura Rai sono sempre stato considerato essere molto sensibile ai temi legati alla spiritualità, che mi fu affidato l'incarico di realizzare questo dcumentario. Ovviamente il tema era interessante, sia dal punto di vista storico artistico che da quello più prettamente spirituale.

Ma, come di solito accade, quando non sei tu ad esserne l'autore, ma solo il regista, non potevo deciderne autonomamente l'intera impostazione, la quale era già più o meno delineata dalla presenza di alcune testimonianze prefissate. C'erano ovviamente quelle degli architetti citati, quella della studiosa di storia dell'architettura Claudia Conforti e soprattutto della voce ufficiale del Vaticano, per bocca di Carlo Chenis, della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa.

Insomma non era la situazione ottimale per affrontare un discorso a cui tenevo molto e che riguardava l'aspetto formale che secondo me un luogo di culto dovrebbe conservare, al di là della evoluzione che il discorso artistico in se stesso impone. Mi riferisco alla necessità, per esempio, della simmetria che entra in risonanza energetica con l'unico vero tempio di cui disponiamo, il corpo umano, simmetrico di per sé.


In altre parole, se la ricerca artistica si offre come libero campo di ricerca di nuove espressioni e nuovi formalismi anche trasgressivi, non si può dire lo stesso della ricerca spirituale, che si basa su dinamiche intrinseche all'essere umano, che sono al di là del mutamento dei tempi.

Tutti i luoghi di culto del mondo, tutti i templi della storia antica e moderna, hanno connotati che corrispondono ad un certo tipo di simmetria, che di fatto aiutano la preghiera o la meditazione e che corrisponde poi alla concentrazione energetica creata dal sistema interattivo tra il corpo umano e lo spazio in cui si trova.

A questo aggiungo anche un particolare che mi colpì non poco all'epoca. Quello della rimozione del tabernacolo dal punto di concentrazione della vista dei fedeli, che tradizionalmente si trovava al centro, dietro l'altare. Il tabernacolo conserva l'ostia sacra, ovvero il focus sacrale di tutto lo spazio devozionale. Rimuovendolo dalla vista e delocalizzandolo in posizioni improprie, è come se si volesse sottrarre la fonte dell'energia sacrale alla vista dei fedeli. Una mossa davvero incomprensibile per una chiesa che vuole essere di Cristo. Diventa più comprensibile se invece i fini sono altri.

E' un aspetto su cui si può dibattere per ore. L'architetto Sartogo ci disse che la curia non gli dette disposizioni particolari in proposito, ma onestamente non credo fosse così, primo perché non è un aspetto di poco conto; secondo perché anche le altre chiese costruite nella stessa epoca, guarda caso, hanno operato nella medesima direzione.

Non ero comunque nella situazione di poter affrontare tale tematica all'interno della produzione Rai. Mi sono limitato quindi ad inserire tra gli intervistati solo Bruno Ballardini, ex pubblicitario, studioso e teorico del marketing, autore di un libro di successo: Gesù lava più bianco. All'interno del documentario egli sottolinea i caratteri etici ed estetici che il Vaticano ha sempre accentuato per promuovere la sua supremazia ideologica sul mondo.

Alla fine del lavoro trovai un titolo che mi sembrava efficace: "Su questa pietra", al quale la produzione volle aggiungere il sottotitolo: "note sull'architettura contemporanea per il culto".

Ecco il documentario. Durata 30 minuti.


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